venerdì 30 gennaio 2009

Milk (USA 2008)

Un film di Gus Van Sant. Con Sean Penn, Emile Hirsch, Josh Brolin, Diego Luna, James Franco.

Oggi compio quarant’anni,
e non ho mai fatto nulla di cui sentirmi fiero.

Non delude le aspettative il nuovo film di Gus Van Sant, regista americano autore di film apprezzati da pubblico e critici, capace di film molto raffinati nella scrittura cinematografica come Elephant o il più recente Paranoid Park, e al tempo stesso di opere diciamo “di casseta”, come Will Hunting – Genio ribelle o il remake di Psycho. Ma non è mai banale, di questo possiamo stare certi.
Questa volta il soggetto scelto da Van Sant è il racconto appassionato dell’appassionante parabola di Harvey Milk, attivista gay americano assassinato nel 1978. Il film ne racconta gli ultimi dieci anni di vita; gli ultimi ma decisamente i più intensi. Milk infatti, sul finire degli anni ’70, divenne il simbolo di una coraggiosa lotta per l’affermazione dei diritti civili dei gay americani.
Dopo un’esistenza nell’ombra, Harvey, interpretato da un ispirato Sean Penn, deciderà, o in qualche modo finirà per a diventare il capofila di una grande lotta sociale che lo porterà ad essere eletto come consigliere della città di San Francisco. Per la prima volta, negli Stati Uniti, un omosessuale dichiarato ricopriva una carica pubblica. Tutta la vicenda di Milk si gioca sul confine fra dimensione pubblica e dimensione privata, attraverso la rivendicazione orgogliosa della propria identità e nel passaggio da una esistenza di sotterfugi e paure ad una vissuta pienamente, quasi urlata. In questo risiede il fascino di un personaggio che, evidentemente, può ancora essere un simbolo per chi rivendica il diritto di dichiarare alla luce del sole il proprio essere, senza paura. Il film riesce a sollevare dunque questioni di assoluta attualità, basti pensare a tutte le polemiche, le minacce e le violenze che precedono ogni manifestazione omosessuale. In quelle occasioni si sente spesso ripetere che gli omosessuali non dovrebbero dare scandalo sulla pubblica piazza, non potendo evitare di “essere come sono”, dovrebbero viversi in privato la propria condizione. Questa vicenda, e questo film, sono invece un chiaro invito ad uscire allo scoperto, emancipandosi dalle proprie paure e dalla sensazione di pensarsi sbagliato. E così diventa anche una grande lezione per tutti gli altri, su cosa possiamo intendere come tolleranza e accettazione piena della diversità. La vicenda di Milk rende poi evidente che, difendendo i diritti di coloro che non ne hanno, si finisce sempre per tutelare la libertà di tutti.
Da un punto di vista più strettamente cinematografico, oltre alla grandissima prova attoriale di Sean Penn che meriterebbe davvero di vincere l’Oscar, vorrei sottolineare come Van Sant riesca a valorizzare i molti materiali d’archivio (telegiornali, filmini amatoriali in super8) legandoli alle sue immagini dai bei colori anni ’70. Insieme alla recitazione, con vero tocco d’autore, questi elementi contribuiscono ad aumentare la credibilità di una regia mai sopra le righe e di grande efficacia narrativa.

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