mercoledì 27 gennaio 2010

Sherlock Holmes

Un film di Guy Ritchie. Con Robert Downey Jr., Jude Law, Rachel McAdams, Mark Strong, Kelly Reilly, Hans Matheson, Eddie Marsan, James Fox.

“Non sono ubriaco,

sono solo diversamente sobrio”

(Sherlock Holmes)

Terminata la proiezione, uscendo dalla sala, non preoccupatevi se avvertirete una leggera, ma insistente, sensazione di stordimento. Sarà il probabile effetto collaterale di quasi due ore di mirabolanti avventure e azioni frenetiche del detective più celebre. L’indomabile Sherlock Holmes, torna al cinema, impegnato a combattere le forze dell’occulto in una tetra Londra di fine Ottocento avvolta dal grigiore e dal mistero (un’immagine stereotipata della capitale inglese ormai ben lontana da quella odierna, ma che ben si adatta al clima delle indagini di Sherlock Holmes).

Guy Ritchie, conosciuto dai più mondani come ex marito di Madonna, ha il merito di confezionare un film dal forte impatto visivo e di assoluta spettacolarità, bisogna riconoscerlo, ma soprattutto quello di riuscire a tenere costantemente in piedi il ritmo della narrazione, nonostante una sceneggiatura decisamente non all’altezza delle sue capacità registiche e di quelle del personaggio principale. Tanto che nel giro dei primi minuti la trama, di fatto, ha già esaurito qualsiasi possibilità di sorprenderci e, caratteristica principale di ogni capolavoro, la capacità di inquietare e far emergere dubbi nello spettatore. Archiviata, quindi fin dall’inizio, una risposta affermativa alla classica domanda: «riusciranno i nostri eroi a sconfiggere le forze del Male che minacciano il glorioso Impero Britannico?», possiamo senz’altro lasciarci andare all’immediatezza delle azioni e alla godibilità della comicità di cui sono capaci i personaggi. Primo fra tutti lo stesso Holmes, personaggio eccentrico, costantemente sopra le righe e quasi incapace di controllare le sue eccezionali capacità. Vita da bohemien, disordinato, capriccioso e ostinato, Holmes sa completare la sue capacità intellettive con l’abilità nel menare le mani. A fargli da spalla un Watson affascinante (io l’avevo sempre immaginato come un signore distinto, ma di mezz’età, con pancetta e orologio nel taschino del gilet), misurato ma capace di imprevedibili guizzi di intuzione e azione, vittima-complice del fraterno compagno d’avventure. A completare il quadro, la bella di turno, Irene Adler, diabolica e appassionata, l’unica capace di sedurre Holmes fino a renderlo inoffensivo,. Il film di Guy Ritchie, grazie anche alle capacità interpretative di Robert Downey Jr., Jude Law, e Rachel McAdams, ci offre quindi una rilettura e soprattutto una non facile ri-attualizzazione del personaggio creato da Herzog, confezionando due ore di intrattenimento puro, con trovate azzeccate e dal ritmo frenetico, che forse hanno l’unico difetto di durare quanto il flash accecante di un vecchio fotografo ambulante.

Piccola nota a margine. La lotta di Sherlock Holmes mi ha ricordato un interessante film, purtroppo passato in un silenzio assoluto nelle sale italiane un paio di anni fa: Invincibile di Werner Herzog, ambientato a Berlino negli anni dell’ascesa al potere del Nazismo. Anche in questo caso sullo schermo si svolge una lotta con i poteri dell’occulto e della magia, ma con ben altri effetti speciali e ben altro ritmo. E soprattutto con esiti poco rassicuranti per noi, visto che a trionfare in questo caso non è il Bene, ma la banalità del Male. Se il tema vi appassiona quindi vi consiglio vivamente, dopo aver fatto il pieno di azione con Holmes, di recuperare un po’ di riflessione con il film di Herzog.

mercoledì 20 gennaio 2010

La bocca del lupo (Italia – 2009)

Un documentario di Pietro Marcello con Vincenzo Motta e Mary Monaco

Bisognava dunque aspettare la ventisettesima edizione perché un film italiano vincesse l’ambito premio come miglior film nel concorso del Torino Film Festival. Se poi a vincerlo è un documentario, la soddisfazione di chi scrive aumenta. La definizione di documentario, per la verità, sta un po’ stretta ad un film come La bocca del lupo, opera che non si fa ingabbiare negli stereotipi del genere e capace di innovare le forme del linguaggio cinematografico. Pietro Marcello, che avevamo apprezzato come regista dell'intenso "Il passaggio della linea", mette infatti il suo sguardo di autore, al servizio del racconto per inquadrature, fino ad uscire dai confini stretti della documentazione della realtà e dando al suo film il respiro più ampio e la forza del cinema. Marcello si muove così a cavallo fra il melodramma, il reportage, l’inchiesta sociale, riuscendo a meravigliarci con lo spettacolo della vita e l’intensità delle emozioni.

Nei vicoli della città vecchia di Genova, quelli così cari a Fabrizio De Andrè, capita a volte che certi incontri siano speciali. Lo è senz’altro quello del regista con Enzo, ex carcerato di lungo corso, Mary, transessuale, e con la loro storia d’amore. Mary ha atteso vent’anni che Enzo, conosciuto in carcere, scontasse la pena e tornasse a casa per costruire il sogno di una vita tranquilla e felice, insieme. Lo raccontano le loro voci impresse negli anni sui nastri di cassette che i due si inviavano, e che fanno da contrappunto alle loro immagini di oggi. Lo testimoniano i loro volti che, in una sequenza davvero toccante, rivolgono il loro racconto direttamente alla macchina da presa.

Pietro Marcello racconta la storia di personaggi vinti, marginali, travolti dalla vita, che non hanno saputo o voluto opporre nessuna resistenza agli avvenimenti, nell'illusione di poterli controllare e dominare, sempre. La bocca del lupo è un film sui ricordi e la nostalgia, sul passato di una città e sul futuro delle relazioni, su come la Storia, quella con la S maiuscola, spesso è solo lo sfondo di una miriade di storie minori, dense e commuoventi. E se oggi Enzo appare in un certo senso vittima di uno spaesato, incapace, per certi versi, di “esser normale”, almeno i sogni, quello di una casa con un po' di terra per farci un orto e con la vista sul mare, resistono ancora al passare inesorabile degli anni. Così come rimane intatta la loro capacità di esser teneri, innamorati, poetici e vivi. Ma come loro, anche Genova guarda l'orizzonte ampio del mare dai vicoli stretti e sporchi. E mentre il passato rivive (e ri-crolla) nelle immagini di archivio, ancora un'umanità brulicante, povera ma vitale, affolla i suoi caruggi dove il sole non arriva mai.